3 marzo – 28 luglio 2019
Rehang, il riallestimento di alcune sale dell’esposizione permanente della Collezione Maramotti, offre l’occasione per presentare al pubblico una mostra temporanea, a piano terra, con documenti, libri, opere e oggetti custoditi negli Archivi e nella Biblioteca d’Arte della Collezione, luoghi vivi di conoscenza e approfondimento.
Nel suo svolgersi variegato e naturalmente non esaustivo, la mostra mette in dialogo questi materiali con alcuni lavori presenti negli spazi della collezione permanente, restituendo la vitalità del processo di creazione delle opere d’arte e le connessioni permeabili tra i diversi nuclei di raccolte della Collezione.
All’interno della ricca documentazione bibliografica e archivistica sono stati selezionati alcuni esempi stimolanti, senza finalità critico-filologiche, ma con l’obbiettivo di offrire una visione più ampia e articolata dell’opera. Libri d’artista, cataloghi, lettere, bozzetti, fotografie, video e altri materiali diventano le tessere di una storia legata alla creazione artistica.
Dieci gli artisti dei progetti presentati: Claudio Parmiggiani, Peter Halley, Barry X Ball, Giulio Paolini, Vito Acconci, Jason Dodge, Enzo Cucchi, Evgeny Antufiev, Gert & Uwe Tobias, Krištof Kintera.
Sala 1. Mapping the World
“Il procedimento è dei più semplici:
asportato il quadro resta la rimozione
la presenza del rimosso
rimossa l’opera si affaccia la pittura
ciò che riempie il quadro nella sua presenza è rilevabile una volta assente”.
Le parole del critico d’arte Paolo Fossati introducono l’opera Delocazione di Claudio Parmiggiani, che si collega idealmente al Rehang della Collezione e che, insieme a Peter Halley, dà avvio al percorso espositivo.
Molto differenti negli esiti formali, i due artisti sono qui accostati per una comune riflessione critica su alcune tematiche che spaziano dalla pittura alla rappresentazione di mappe concettuali, declinate in archetipi sociali nell’opera di Halley e ironici paesaggi geografici nei lavori di Parmiggiani. Anche i colori accesi, pop delle Tavole Zoogeografiche di Parmiggiani si collegano ai lavori di Peter Halley, in particolare al grande quadro Powder, accompagnato da una serie di bozzetti originali e da alcuni testi dell’artista che mettono in evidenza come le sue teorie sulla società contemporanea si manifestino attraverso un’azione che è al contempo pittorica, concettuale e linguistica. L’opera The Western Sector (1989-1990), al secondo piano della permanente, è qui rappresentata da una piccola polaroid con l’artista nel suo studio. Nel dipinto appoggiato alla parete è possibile riconoscere il quadrato nero di Kazimir Malevich, icona a cui afferisce anche la poetica di Claudio Parmiggiani.
Sala 2. Architectural Appropriations
La seconda sala raccoglie una serie di progetti autografi, ‘strumenti del mestiere’ e foto di documentazione inerenti l’ideazione e l’allestimento di opere di Vito Acconci, Giulio Paolini e Barry X Ball in occasione dell’apertura della Collezione Maramotti nel 2007. Insieme a questi è esposto il progetto di Jason Dodge, la cui opera del 2013 A permanently open window non è situata negli spazi della Collezione ma nella ex torre elettrica di uno spazio industriale, oggi sede di un centro commerciale, a un centinaio di metri dalla Collezione.
L’architettura e il rapporto tra lo spazio e l’opera d’arte sono i temi che accomunano i quattro artisti di questa sala.
Nel processo analitico di Barry X Ball emergono i riferimenti architettonici usati per la realizzazione del suo Matthew Barney e la meticolosa costruzione di casse-scrigno per custodire le sue opere.
Il progetto originale di Vito Acconci mette in evidenza i singoli passaggi di realizzazione di Due o tre strutture che s’aggancino a una stanza per sostenere un boomerang politico, audio installazione presentata per la prima volta nel 1978 presso la Galleria Mario Diacono di Bologna. Qui il processo del lavoro si manifesta nell’articolazione dello spazio della galleria e nella sua interazione con il visitatore. La medesima galleria bolognese ospitò nello stesso anno anche una mostra di Giulio Paolini con l’opera Idem VII, oggi visibile al primo piano della Collezione, insieme a Scene di conversazione.
Sala 3. Inner Landscapes
“L’arte ogni tanto deve fermarsi a riposare per raccogliere le informazioni più attuali sull’origine; per familiarizzare con l’uomo preistorico!... col suo aspetto fisico, la vita quotidiana. Per questa avventura c’è bisogno della geografia, di un viaggio attraverso territori diversi”.
Le parole di Enzo Cucchi estratte dal libro d’artista Vitebsk/Harar ci introducono nella terza sala in cui troviamo, a confronto, luoghi del Sud e paesaggi del Nord.
La sezione dedicata a Cucchi, artista molto rappresentato nella collezione permanente, mette in scena le fasi realizzative del libro d’artista pubblicato nel 1984. Le fotografie, i ritagli di giornale dell’epoca, il testo con le poesie di Arthur Rimbaud, l’articolo di Donald Judd e il catalogo di Kazimir Malevich diventano gli strumenti per una riflessione sul ruolo del pittore e un viaggio simbolico nell’arte e nella poesia.
Le immagini ctonie presenti nel libro di Cucchi si possono ritrovare, trasmutate, in feticci rituali nelle opere realizzate da Evgeny Antufiev per il suo progetto del 2013 e ora in parte riallestito al secondo piano della Collezione. I numerosi elementi in esposizione sono stati parte fondante della creazione della mostra e del libro d’artista, strumento essenziale per comprendere la poetica del giovane artista russo nell’uso di oggetti quotidiani e nella riproposizione di materiali che, affiancati e ibridati, oltrepassano il tempo, divenendo ‘sacri’.
Sala 4. Popular Archetypes
Ai gemelli originari della Romania Gert & Uwe Tobias e all’artista praghese Krištof Kintera è dedicata l’ultima sala del percorso, che espone, nella variegata abbondanza del materiale di documentazione, il processo di realizzazione delle due mostre eseguite per la Collezione Maramotti rispettivamente nel 2009 e nel 2017 e ora riallestite col Rehang.
I temi indagati dai Tobias e da Kintera sono molto differenti, ma qualcosa accomuna la ricerca di questi artisti: in entrambi i progetti troviamo opere velate di riflessioni allo stesso tempo ironiche e profonde, amplificate da forme e relazioni “popolari”, che arrivano forti e dirette dall’opera allo spettatore, rendendo quest’ultimo parte attiva del processo. Anche l’iconografia del folklore del Nord e mitteleuropeo caratterizza entrambe le loro indagini, ma se per i Tobias si ritrova come elemento formale costante, in Kintera è il punto di partenza per una messa in discussione del rapporto tra natura e cultura e degli equilibri della società contemporanea.
Inaugurazione su invito, in concomitanza con Rehang, riallestimento di dieci sale della collezione permanente: 2 marzo 2019, alle ore 18.00.
3 marzo – 28 luglio 2019
Visita con ingresso libero negli orari di apertura della collezione permanente.
Giovedì e venerdì 14.30 – 18.30
Sabato e domenica 10.30 – 18.30
Chiuso: 25 aprile, 1° maggio