This Body Made of Stardust
Viviane Sassen
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Giovedì e venerdì
14.30 – 18.30
Sabato e domenica
10.30 – 18.30
Chiuso: 1 maggio
"Ogni fotografia è un memento mori.
Fare una fotografia significa partecipare della mortalità, della vulnerabilità e della mutabilità di un'altra persona (o di un'altra cosa). Ed è proprio isolando un determinato momento e congelandolo che tutte le fotografie attestano l'inesorabile azione dissolvente del tempo."
S. Sontag, Sulla fotografia. Realtà e immagine nella nostra società
Collezione Maramotti presenta This Body Made of Stardust, ampia esposizione personale di Viviane Sassen composta da oltre cinquanta fotografie e un’opera video realizzate dal 2005 al 2025, con alcuni nuovi lavori ideati specificamente per questa occasione.
La mostra – che si inserisce nella XX edizione del festival Fotografia Europea, dal titolo Avere vent’anni – costituisce la più estesa presentazione del lavoro di Sassen in Italia fino ad oggi ed è curata dall’artista stessa.
Riuniti intorno al concetto e all’iconografia del memento mori, gli scatti esposti tracciano ramificate traiettorie sulle infinite possibilità e sfumature della vita, feconda, intensa e traboccante quanto intrinsecamente fragile: (astrazioni di) corpi umani, paesaggi, polvere, terra, materie organiche divengono simboli e ricorrenti promemoria della morte – inevitabile passaggio di trasformazione del vivente.
In un percorso non narrativo, costruito per frammenti visivi e collegamenti formali tra immagini in apparenza molto diverse, Sassen ci invita a entrare nel suo universo poliedrico, onirico e seducente, di-stillato dal quotidiano, intriso di Surrealismo, scaturito dall’incontro dell’artista (le sue fantasie, le sue ossessioni, le memorie e le paure) con il mondo esterno.
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In dialogo con alcune sculture della Collezione Maramotti (di Evgeny Antufiev, Kaarina Kaikkonen, Fabrizio Prevedello, TARWUK), nelle quali Sassen ha intercettato un’immediata empatia, le fotografie esposte fanno parte di diverse serie di lavoro provenienti dal suo ampio archivio, che da anni l’artista rielabora in differenti configurazioni, in una sorta di progetto di ricerca a lungo termine.
Intimamente legata alle arti plastiche, oltre che al design e alla moda, Sassen si definisce anche scultrice: plasma la luce – e ancor più l’ombra, metafora di angosce e desideri della psiche umana –, modella corpi e oggetti, dà forma a opere dai colori intensi, vibranti e vitali, giungendo a introdurre nella propria pratica anche pittura, inchiostri e collage, con cui imprime una dimensione extra all’immagine fotografica.
Le sue opere multiformi attraggono e trattengono lo sguardo tra gli interstizi del loro mistero, nella generazione perpetua di nuovi echi e livelli di senso. Sovrapponendo strati differenti, Sassen rivela ciò che è nascosto sotto alla superficie. Quasi nulla è ciò che sembra a prima vista: nell’intreccio tra realtà e finzione, osservando composizioni ambigue che sembrano mutare e rinnovarsi ad ogni sguardo, la percezione è continuamente messa in discussione.
Una grande foglia di palma stretta nell’abbraccio tra due ragazzi; proliferazioni di funghi e vegetali, ammassi cellulari e creature rizomatiche; corpi di carne e di pietra senza volto, mutili e disarticolati, accolti dalla terra o dall’acqua, avvolti, fasciati, soggetti a tentativi di posizionamento e ricomposizione; tronchi d’albero come cippi e fosse funerarie sulla soglia di territori sconosciuti; inconsapevoli guerrieri e mutaforma dal futuro: nel tentativo di “introdurre una struttura nel caos”, Sassen trasfigura la locuzione latina classica in un personale memento amoris, invitando l’osservatore a cogliere la bellezza e lo stupore dell’attraversamento. Siamo polvere (e polvere ritorneremo), ma polvere di stelle.